Il diabete

Vi presentiamo un approfondimento sul diabete preparato per Dolci.it dalla Dott.ssa Giamaica Conti
Diabete
Si definiscono ‘diabete mellito‘ (o ‘diabete’) tutte le malattie e condizioni che, non trattate, portano a un eccesso di zuccheri nel sangue (iperglicemia).
Il diabete di tipo 2
La forma più frequente di diabete, il diabete di tipo 2 si manifesta generalmente dopo i 40 anni, soprattutto in persone sovrappeso/obese. La sua evoluzione è lenta e priva di sintomi. Gradatamente la persona perde la capacità di controllare l’equilibrio della sua glicemia. È comunemente noto come ‘diabete dell’anziano’, ‘diabete alimentare’ o con la sigla DM2 o T2DM. È la forma di gran lunga più comune con milioni di casi in Italia.
Il diabete di tipo 1
Il diabete di tipo 1 è dovuto a una reazione autoimmunitaria che distrugge le betacellule del pancreas dove viene prodotta l’insulina. Essendo l’insulina necessaria a far entrare il glucosio nelle cellule, la persona con diabete di tipo 1 deve assumerla dall’esterno e fare in modo di averne sempre la quantità giusta nel sangue. Il diabete di tipo 1 insorge spesso in età pediatrica. Circa 100 mila bambini e ragazzi in Italia hanno il diabete di tipo 1 e sono seguiti da una rete di Servizi di Diabetologia Pediatrica all’interno dei quali team specializzati sono in grado di prescrivere le terapie più appropriate e soprattutto di educare la famiglia e i ragazzi a una corretta gestione del diabete. La persona con diabete di tipo 1 infatti, sia nella infanzia, sia nella adolescenza, sia nella vita adulta, può svolgere una vita normale. Nessuna attività o obiettivo gli è precluso: esistono scienziati e fotomodelle, artisti e grandi campioni sportivi con diabete di tipo 1. Avere figli richiede programmazione e qualche attenzione, ma è perfettamente possibile. La persona con diabete deve tenere sempre presente l’effetto che ogni sua scelta, o ciò che gli accade, può avere sulla concentrazione di glucosio nel sangue. Questo significa misurare spesso la glicemia e, sulla base di questi dati, prendere delle decisioni: assumere una determinata dose di insulina, fare o non fare dell’esercizio fisico, mangiare o non mangiare sostanze contenenti carboidrati. Il diabete di tipo 1 insorge più spesso nei primi 30 anni di vita. Questo significa convivere per lunghissimo tempo con il diabete e quindi è fondamentale per la persona con diabete di tipo 1 mantenere il più possibile vicino alla norma la glicemia, evitando iperglicemie (quantità troppo elevata di glucosio nel sangue) che a lungo andare generano le complicanze ma anche ipoglicemie (carenza di glucosio nel sangue).
Il diabete gestazionale
Il diabete gestazionale è una forma temporanea di diabete che caratterizza una percentuale delle gravidanze. A partire dal secondo trimestre di gestazione la madre non riesce a tenere sotto controllo la glicemia. Questo tipo di diabete, che caratterizza una quota importante delle gravidanze, sembra scomparire dopo il parto. È chiamato anche diabete gravidico o GDM.
Altre forme di diabete
Esistono forme di diabete per così dire ‘intermedie’ fra il tipo 1 e il tipo 2 come il Lada (che insorge nella seconda parte della vita come il diabete di tipo 2 ma evolve presto verso la completa insulinodipendenza come il diabete di tipo 1) e il Mody una famiglia di condizioni molto diverse generalmente presenti in determinati ceppi familiari. Il diabete può essere secondario (cioè causato da un’altra malattia o da una terapia o da un incidente).
Il significato di un’alimentazione adeguata
Il ruolo fondamentale della dieta nella gestione del diabete e del suo autocontrollo è indiscusso si tratta a tutti gli effetti di una terapia. Si parla infatti di ‘dietoterapia’ o di Medical Nutrition Therapy come la definisce in un documento ufficiale l’American Diabetes Association (ADA 1994). Fare dell’alimentazione una dietoterapia significa modificare le abitudini alimentari, adottando scelte adeguate dei nutrienti in termini quali/quantitativi, integrandole con cambiamenti dello stile di vita e promozione dell’attività fisica. Qualunque sia il tipo di diabete ed il trattamento farmacologico prescritto, la persona con diabete deve assumere alimenti simili, per composizione e quantità, a quelli consigliato alla popolazione generale per mantenere un buono stato di salute: la dieta deve essere equilibrata in termini di macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) e impostata per la maggior parte dei casi su uno schema a cinque pasti giornalieri; la regola degli spuntini si rivela utile nel mantenere un controllo soddisfacente in caso di terapia insulinica intensiva e anche nel diabetico di tipo 2: nel diabetico di tipo 1 è possibile anche uno schema dietetico suddiviso in tre pasti che vanno somministrati in vicinanza della terapia insulinica quando si utilizza un analogo rapido. Ai fini del controllo glicemico i carboidrati assunti sono i principali responsabili dell’aumento della glicemia dopo i pasti, in quanto quasi totalmente trasformati (90%) in glucosio entro un ora dal pasto: altrettanto certo è che il contenuto totale in carboidrati di un pasto è più importante della fonte da cui essi derivano o che siano carboidrati a struttura semplice o complessa. Il contenuto in carboidrati del pasto è di conseguenza il maggior determinante del fabbisogno insulinico preprandiale nel diabete di tipo 1. Per questa ragione il golden standard della terapia nutrizionale sia del paziente diabetico di tipo 1 in terapia insulinica intensiva o con microinfusore che del diabetico di tipo 2, è il metodo del conteggio dei carboidrati. La regola fondamentale da seguire è quella di mantenere costante il contenuto di carboidrati nel singolo pasto attraverso l’uso delle liste di scambio, l’acquisizione della capacità di quantificare i carboidrati contenuti negli alimenti, la sostituzione reciproca tra alimenti con lo stesso contenuto di carboidrati e la corretta calibrazione della terapia insulinica sulla base di tale quantità. La dieta deve fornire l’apporto calorico necessario a mantenere e/o raggiungere il peso corporeo desiderabile: nel caso dei diabetici di tipo 1 che sono abitualmente normopeso, non sono generalmente necessarie restrizioni caloriche e la dieta va impostata sulla base del fabbisogno calorico stimato e in funzione della attività fisica. La riduzione del peso corporeo è invece raccomandata, è anzi un obiettivo primario nel diabetico in sovrappeso o obeso. In questi casi una modesta restrizione dietetica (500-1000 kcal al giorno) associata ad un graduale incremento dell’attività fisica moderata fino ad un livello di 30 -45 minuti (fitwalking) per 3-5 giorni a settimana fanno parte integrante della terapia per il diabete. La dieta ottimale per il diabete proposta dall’American Diabetes Association (ADA 2005) si basa su una quota totale di carboidrati variabile dal 45 – 55 % delle calorie totali. Numerosi studi hanno evidenziato che anche il saccarosio non aumenta la glicemia più dell’amido; inoltre benché l’uso di alimenti a basso indice glicemico possa ridurre la glicemia postprandiale, non vi sono sufficienti evidenze su benefici a lungo termine tali da raccomandarne l’uso come strategia primaria nel pianificare l’alimentazione. Per tali motivi, lo zucchero comune non deve essere quindi vietato, ma adeguatamente conteggiato nell’apporto calorico totale sostituendo altri carboidrati: l’apporto totale deve essere inferiore ai 30 grammi al giorno. La dieta del diabetico deve contenere oltre ai carboidrati anche altri nutrienti essenziali: le proteine e i grassi, ma questo vale anche per la popolazione generale. Non vi sono ragioni per assumerne in eccesso (anzi). Proteine e grassi se assunti in modo costante e corretto, contribuiscono in scarsa misura all’aumento della glicemia postprandiale e al fabbisogno insulinico prandiale. Infatti il 40-60% delle proteine assunte nel pasto si trasforma in glucosio, ma questo si verifica dopo più di 4 ore dal pasto; più tardiva è la trasformazione dei lipidi (circa il 10% dopo molte ore dal pasto). Le attuali raccomandazioni per il diabetico prevedono un apporto proteico pari al 10 – 20 % delle calorie totali o allo 0,8 – 1,2 grammi al giorno per chilo di peso. Sulla base del quadro clinico e della presenza di complicanze renali (microalbuminuria o nefropatia diabetica) tale quota va opportunamente ridotta a 0,7 – 0,9 grammi al giorno per chilo di peso. Il contenuto di lipidi può variare dal 30 – 50 % dell’apporto calorico totale con una quota di polinsaturi pari al 10%. La promozione del consumo di olio di oliva come fonte equilibrata di grassi monopolinsaturi e di pesce, ottima fonte di grassi polinsaturi omega3 è perfettamente in linea con tali raccomandazioni. È consigliabile un controllo dell’assunzione di sale (inferiore a 4 grammi al giorno) e di alcool (inferiore a 30 grammi al giorno): nel caso di terapia insulinica si sconsiglia l’assunzione di alcol a digiuno per il rischio di ipoglicemia. Nel corso di dietoterapia ipocalorica è inoltre ammesso l’uso di dolcificanti approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) (saccarina, aspartame, acesulfame k).
Dott.sa Giamaica Conti
Laurea di primo livello in Biologia della Nutrizione, indirizzo trasformazione e conservazione delle risorse alimentari
Laurea di secondo livello in Sc. Biomolecolari e Biofunzionali, indirizzo Biologia molecolare PhD student in Nanotecnologie e nanomateriali per applicazioni biomediche